MARèfuturo è un libro dei sogni, idee che cercheremo di realizzare quando il museo base sarà a regime, sulla base degli introiti, delle donazioni e sponsorizzazioni ricevute.

Il futuro dal mare: vasche di addestramento.

silosvascheI Militari e le Forze dell’Ordine che operano sul mare hanno continuo bisogno di addestrarsi in acqua, ambiente che per quanto familiare nasconde sempre dei rischi. Perché non coniugare questa necessità con il contatto verso la cittadinanza che essi difendono? Da qui l’idea di trasformare i silos in vasche di addestramento per i sommergibilisti e la loro fuoriuscita da sommergibile sinistrato, per i Vigili del Fuoco e la loro capacità di recuperare persone e cose in acqua , e ancora per l’impiego degli AUV (I droni subacquei), o per la didattica sportiva. A questo serviranno le vasche, e le aule didattiche saranno tutte trasparenti e, volendo, apribili verso la zona addestrativa.

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La Fabbrica Vecchia: storia nella storia

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Quando, ai primi del 1700, lo Stato della Chiesa decise di porre termine alle tragiche alluvioni, deviando i fiumi Ronco e Montone nell’alveo del porto antico, iniziò anche i lavori per un nuovo porto che, su una lunghezza di circa 10 Km, avrebbe nuovamente collegato Ravenna al mare. Il canale fu intitolato al Papa regnante, della famiglia Corsini, e successivamente darà anche il nome al paesello che sorgerà all’imboccatura del porto. Il Casone della Sanità, sostituto poco dopo dalla Fabbrica Vecchia, fu il primo edificio costruito a Porto Corsini ed ebbe compiti di faro, dogana e sanità, su quel lato del canale che dai primi del ‘900 cambierà il nome in Marina di Ravenna. La sua ristrutturazione permetterebbe il recupero dell’edificio ma anche la possibilità di raccontare la storia del canale Corsini, un porto unico in Italia e tra i pochissimi al mondo.

Le torri Hammon: osservatorio privilegiato

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La SAROM è stato tra i primi insediamenti petrolchimici a Ravenna e le sue strutture hanno contraddistinto lo skyline ravennate negli ultimi 60 anni, diventando anche protagoniste del celebre film del regista Antonioni “Deserto Rosso”. Lo stabilimento è stato smantellato e rimangono solo le immense torri di raffreddamento a testimoniarne la presenza. Le torri Hammon asono vuote, all’interno, e dalla loro sommità si deve poter ammirare un panorama unico. Il loro interno potrebbe quindi ospitare un museo dell’industria ravennate, magari sui nastri trasportatori -all’epoca tanto comuni- che portano fino alla sommità.

Fari e segnali: un punto di riferimento

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Il faro, per eccellenza il punto di riferimento, copiato dai marittimi ed entrato nell’uso comune per questa sua valenza. Come per tutti i fari italiani, l’automazione di quello di Marina di Ravenna è ormai una realtà e a breve non saranno più indispensabili i “guardiani dei fari”. In collaborazione con la Marina Militare, i locali potrebbero ospitare un luogo che racconti tutti i tipi di segnalazione per i naviganti, compresi le reti radar e i sistemi di soccorso satellitari. Ma potrebbe anche essere la stazione di partenza per chi volesse effettuare uscite didattiche con i pescherecci o, in un ambito di alternanza scuola-lavoro, uscire con le unità della Marina Militare e della Guardia Costiera per fare manutenzione ai fari o contribuire alla salvaguardia della vita in mare.

Gru di Banchina: archelogia industriale

grubanchinaIl progetto Malerba, vincitore del concorso per il riuso della cosiddetta “Gru di Banchina”, in effetti un nastro trasportatore quando era operativo, fa discutere la cittadinanza. I favorevoli al progetto vedono un impiego innovativo dei ferri che a suo tempo costituivano la gru, i detrattori ritengono che il non rimontarla come era originariamente, costituisca un’offesa all’archeologia industriale.

Vada come vada, è un cimelio che non può e non deve andare perso e sotto la tutela del MARè avrebbe sicuramente la sua tutela in quanto parte della collezione.

 

Il futuro sul mare: Navi Museo….

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Lo abbiamo già detto, il numero delle navi da musealizzare deve aumentare. Un esempio poteva essere la Lady Aziza, mercantile tristemente famoso per avere speronato e affondato un altra nave nel dicembre del 2014, venduta all’asta ai primi del 2018. Il Moro di Venezia, ora presso l’Autorità Portuale, speriamo entri a far parte della collezione per ricordare i successi in Coppa America, mentre chiederemo alla Marina Militare di voler cedere il cacciamine Rimini quando sarà posto in disarmo, presumibilmente tra una decina d’anni.

…e se navigassero?

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Ma il sogno più grande è che continuino o tornino a navigare! Con l’aiuto di un armatore, magari proprio il gruppo ravennate della Mediterranea di Navigazione, queste unità potrebbero essere le navi scuola dell’Istituto Nautico di Ravenna. Il Cacciamine, poi, potrebbe continuare le sue indagini di fondali in campo archeologico, ad esempio esplorando i relitti dell’Adriatico.

 

 

 

La Piattaforma offshore: un luogo differente

piattaformaSono parte del panorama, per chi frequenta le spiagge romagnole, ma anche il simbolo del benessere italiano e dell’eccellenza ravennate nell’offshore, ovvero il mondo delle piattaforme per estrazione di gas e petrolio. Tra non molti anni le risorse si esauriranno e le piattaforme davanti Ravenna dovranno essere demolite e smaltite. Dunque perchè non documentare questo piccolo universo?  Salvare una piattaforma, poterla visitare, soggiornarvi, ma anche impiegarla per addestrare chi dovrà operare sulle nuove piattaforme sia come operatore che come manutentore o, ancora, adibirla a base di partenza per visitare il relitto del Paguro.

Con l’assistenza di ENI questa potrebbe essere un’idea ancora unica, particolare e innovativa nel panorama mondiale.

Chi era Longidieno?

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A Classe, oggi sobborgo di Ravenna,  stazionò la flotta Imperiale Romana per un lungo periodo, la stessa Classe era una cittadella dedicata alla flotta, con i suoi servizi di logistica e di cantiere. E’ famosa la stele funeraria di Publio Longidieno, carpentiere della flotta ritratto nel suo mestiere.

In collaborazione con l’Università di Ravenna, facoltà di Beni Culturali, ricostruire queste navi avrebbe valenza di studio per i ricercatori e di didattica per gli studenti. Senza contare l’esperienza unica di uscirci in mare…

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