mosa3Il mangimificio Martini, noto come MOSA, nasce nel 1912 come Molino “Spagnoli, Padovani e C.”. Nel 1944 viene distrutto dalla guerra e successivamente sarà ricostruito dalla Società Padana di Macinazione. Nel 1980 viene acquistato dal gruppo Martini e trasformato in mangimificio, opererà fino al 2010. Qualche dato:

Superficie area 11.232 mq

fabbricato su 5 piani fuori terra;

superficie fabbricato ca 2100 mq;

volumetria 26.750 mc;

Durante il concorso per la capitale europea della cultura, lo studio “Spazio52” prospettò un progetto di recupero per farne edificio residenziale, per co-working, start up e molto altro; molto bello e meritorio ma forse non cosi indicato per il “parco delle archeologie” ipotizzato dal POC in quella zona. Con i suoi piani e i suoi ampi spazi sembra fatto apposta per ospitare esposizioni, ma sopratutto trasmette un messaggio importante: il mare è un contenitore di moltissime discipline, e come l’elemento che ci ha dato la vita, la sede centrale del MARè è un contenitore delle discipline del mare, che permette di esplorarle tutte assieme. Ecco perchè ho pensato al MOSA per il MARè-Museo per le attività emiliano romagnole per le scienze del mare.

Un museo nel museo

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Il mangimificio Martini, o MOSA, è ancora fermo agli anni 80 dello scorso secolo e, anzi, alcune strutture e macchinari sono decisamente più datati, assolutamente ascrivibili ad un mondo che non c’è più, quello che oggi è chiamato archeologia industriale. Gli spazi sono ampi, le strutture appaiono sane e inglobano scale e strumenti di un’altra epoca.

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Lo scivolo dei sacchi, i grandi silos, le bilance, i nastri trasportatori, la sala di controllo, l’officina e gli strumenti sono un bene da tutelare, che merita di essere inserito e valorizzato in un museo dedicato a quel mare che per tanti hanni ne ha trasportato i prodotti. Non deve essere dimenticato il grande piazzale, che lascia intravedere uno spazio per eventi e per musealizzare unità navali.

Infine, ma non ultimo, la vicinanza la Canale Candiano, parte terminale di quel porto che consente a Ravenna di essere in contatto col mondo intero.