La fregata “Caccia-pirati”

E’ rientrata alla spezia in questi giorni nave Fasan, proveniente da 5 mesi di missione in Oceano Indiano. IL suo campito? dare la caccia ai pirati. L’operazione europea EUMARFOR Atalanta, nata per debellare una piaga del commercio marittimo con l’oriente ovvero consentire ai mercantile di transitare in sicurezza dal corno d’africa senza essere assaltati dai pirati. Una missione preziosa, se si pensa a quante merci arrivano in Italia e a quante esportiamo verso il continente asiatico.

Il Fasan (le navi militari sono “maschili”) nave ammiraglia della missione multinazionale ha salvato preziose vite umane e tutelato gli interessi del nostro commercio marittimo, proteggendo i nostri mercantili e arrestando pirati. Tra i compiti “secondari” della nave italiane in missione oltre Suez attività addestrative a favore delle forze di polizia  marittima(22 uomini di 7 stati africani)  per contrastare autonomamente la pirateria, esercitazioni e cooperazioni con altre Marine Militari presenti in zona (Cina, Corea del Sud, India, Oman e Seychelles), forniture per i bisogni primari delle popolazioni disagiate.

L’attenzione dei governo europei per il Corno d’Africa è un segnale: la regione mediterranea non è un sistema chiuso bensì un’area sottoposta agli effetti delle dinamiche politiche, sociali, economiche, culturali e religiose delle zone adiacenti. Non possiamo far finta di vedere quello che succede al di la degli stretti, insomma.

Un interessante effetto collaterale per l’economia italiana è il serio interesse brasiliano per queste unità che, parole dell’Ammiraglio  Comandante in Capo della Squadra Navale Italiana sono “navi perfette per missioni di lunga durata in Atlantico”. E anche la Marina statunitense non nasconde un certo interesse per queste navi.

Immergersi sul Paguro

Il Paguro è l’unica area marina soggetta a tutela biologica esistente nel litorale ravennate ed è anche una delle immersioni più interessanti dell’alto Adriatico italiano.
Alla fine degli anni ‘50  l’Agip iniziò le ricerche di idrocarburi nell’Offshore nel tratto antistante la costa ravennate individuando, a circa 6 Km al largo di Lido Adriano, il primo consistente giacimento di gas, che entrò in produzione nel 1964.
Il Paguro, piattaforma di tipo self elevating , veniva trainata da Supply-Vessel sul sito da perforare, per poi appoggiare sul fondo le tre gambe con i pesanti basamenti e sollevarsi  di 15 mt. sul livello del mare per iniziare la perforazione. Varato nel 1963, il 28 Settembre 1965, mentre perforava il pozzo “Porto Corsini 7” (a 14 Miglia dal Porto di Ravenna per 120°, profondità di 25 metri d’acqua)  la trivella raggiunse, a 2900 mt., un giacimento di gas  ad elevatissima pressione (circa 630 Atm). Nonostante i sistemi di sicurezza, il cedimento delle pareti del pozzo provocò una sorta di “eruzione” che incendiò e distrusse la piattaforma, che si inabissò su un fianco provocando la morte di  tre persone.RelittoPaguro

Il Ministero delle Risorse Agricole, alimentari e forestali ha emanato il 21 Luglio 1995 (aggiornato il 05 Novembre 1996) il Decreto “Istituzione della zona di tutela biologica nell’ambito del compartimento marittimo di Ravenna”

Nell’area, protetta e gestita dall’Associazione Paguro di Ravenna (alla quale occorre inoltrare domanda per le immersioni pianificate), sono vietate le attività antropiche della pesca, dell’ancoraggio e della balneazione; le immersioni sono possibili ma limitate e controllate dalla suddetta Associazione.

L’immersione è abbastanza difficoltosa nell’orientamento e il cratere, non ancora livellato dai detriti del fiume Pò, raggiunge una profondità di 33 mt. E’ un’area marittima fra le più ricche, dal punto di vista biologico, dell’intero Mediterraneo, grazie all’enorme afflusso di sostanze nutrienti dai grandi fiumi.
Ecco perchè la presenza di un relitto, o comunque di un qualsiasi substrato solido immerso, causa in questo areale un vero e proprio paradiso biologico, offrendo ospitalità ad una miriade di specie animali e vegetali. Queste trovano infatti, fra lamiere e tralicci, non solo l’ambiente più idoneo per l’acquisizione del cibo e la riproduzione della specie, ma anche protezione dal mare aperto e dalle reti dei pescatori.

Nel 2017 la straordinaria trasparenza dell’acqua per totale assenza di apporto dai fiumi, a causa dell’eccezionale siccità, ha permesso ai subacquei di effettuare immersioni, foto e video eccezionali con visibilità spesso oltre i 50 metri e l’associazione Paguro ha potuto effettuare 1.790 immersioni nell’area di tutela biologica, con  oltre 120 ore di attività volontaria dei soci ed amici per l’attività di accompagnatore subacqueo volontario.

“I recenti convegni pubblici – ha recentemente dichiarato il presidente dell’associazione Paguro Giovanni Fucci – hanno evidenziato le valutazioni positive alle nostre proposte sia da parte di ARPAE (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Energia), sia da parte del MISE (Ministero Sviluppo Economico) che nella definizione delle Linee Guida per la dismissione delle piattaforme off-shore prevede, oltre ad altre opzioni, anche il riutilizzo per la creazione di reef artificiali. La stessa comunità europea, tramite specifiche direttive ha posto in essere norme a favore della creazione di aree di tutela biologica e di reef artificiali per la conservazione della fauna ittica. Siamo fiduciosi che anche la Regione Emilia-Romagna ed il Comune di Ravenna interverranno per un pubblico pronunciamento dei rispettivi Consigli nella direzione della creazione di reef artificali con il riutilizzo delle sottostrutture off-shore da demolire”.

 

La vocazione che Ravenna dovrebbe coltivare? Essere una città di mare.

Una recentissima intervista di Ravennanotizie al dott. Maurizio Tarantino Link Intervista dott. Tarantino  , direttore della Classense e uomo cardine della riorganizzazione culturale voluta dal Comune di Ravenna, è  uno spunto per riflessioni importanti, a cominciare dall’ultima risposta:

“Secondo me essere la città del mosaico e la città di Dante sono già di per sè due cose enormi. Bastano e avanzano. La terza vocazione che Ravenna dovrebbe coltivare – a mio parere – è quella di essere una città di mare. Perché qui vedo una frattura fra la città e il suo mare, una frattura incomprensibile. Ecco, fosse per me, oltre al mosaico e oltre a Dante, lavorerei sulla vocazione marinara di Ravenna.”

La vocazione che Ravenna dovrebbe coltivare è quella di essere città di mare.

Sono stati sufficienti 9 mesi di vita e lavoro tra le mura bizantine per comprendere un dato sotto gli occhi dei ravennati da secoli. Ma come lui stesso dice qualche paragrafo prima, riferito all’apertura al pubblico di quel gioiello sconosciuto che è la biblioteca Classense: ” E secondo me c’è un motivo psicologico: chi vive da sempre in un posto, alla fine non si accorge di tutto il valore e della bellezza che lo circonda, dà molte cose per scontate”.

Sono dichiarazioni importanti che, probabilmente, era necessario provenissero da un “non-ravennate” per essere percepite e, speriamo vivamente, apprezzate!

Di certo Ravenna è concentrata, non a torto, sull’apertura del museo di Classe e sul settimo centenario della scomparsa del Sommo Poeta, ma lo spiraglio è stato aperto e il futuro marinaro di Ravenna potrebbe non essere più qualcosa di riservato agli addetti ai lavori.

Grazie dott. Tarantino

 

Oltre 37 milioni per il porto

Un altro importante traguardo raggiunto verso i lavori per Ravenna HUB portuale.

La Commissione Europea, nell’ambito dei fondi europei della Connecting Europe Facility (Cef), ha assegnato al progetto ravennate 37,377 milioni di euro, assegnazione che sarà ratificata il prossimo 12 dicembre.

Ne danno notizia, in una dichiarazione congiunta, il sindaco DePascale e il Presidente dell’ADSP Rossi, che evidenziano anche come all’iter, avviato il 18 settembre scorso,  attenda ancora decisivi passaggi burocratici e sia in corso di esame al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici .

Tutti si augurano la conclusione dell’iter  in tempi rapidi per avviare lavori tanto importanti quanto attesi da tutto il cluster marittimo portuale, e non solo quello ravennate.

Il MARè potrebbe essere, forse, la ciliegina sulla torta del futuro hub portuale, il luogo dove iniziare a conoscere il mare e tutto il mondo che nasce, vive e lavora grazie ad esso…

 

Quando il Marinaio salutava i naviganti

” A te, o grande eterno Iddio, cui obbediscono i venti e le onde”: sono queste le parole che contraddistinguono il monumento al marinaio di Ravenna, opera dello scultore Giannantonio Bucci. E’ l’incipit della preghiera del Marinaio, scritta nel 1901 da Antonio Fogazzaro e recitata al tramonto sulle navi della Marina Militare. Ma il nostro monumento, allestito in prossimità del cimitero, nonché all’ingresso della Darsena di città, per salutare i mercantili che transitavano, si trova da oltre un decennio “disoccupato” e in non buone condizioni di salute.

Per iniziativa dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Ravenna sono state coinvolte autorità e sponsor per trasferire il monumento in un luogo più attinente alla sua funzione e, probabilmente, sarà in prossimità del terminal passeggeri.

Lo ha annunciato il Vicesindaco Fusignani: “In attesa di interventi significativi, già all’attenzione dell’assessore ai Lavori pubblici Roberto Fagnani, mi sono sincerato di quali possano essere quelli più immediati per rendere questo importante monumento nuovamente fruibile. Inoltre, ritengo auspicabile un suo spostamento, ad esempio al terminal crociere, per dare a questa opera, di grande valore culturale ed estetico, la giusta collocazione in una città di mare come Ravenna, che ha l’obbligo morale di conservare la propria memoria legata alla marineria. Sarà mia cura parlare dell’eventuale spostamento con la Capitaneria di porto e l’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale. Ringrazio Molducci, per la sua preziosa e puntuale opera di valorizzazione della cultura marinara.”

Pronti a qualsiasi emergenza

E’ per questo che ci si addestra. Militari in testa, le esercitazioni sono l’unico modo per essere continuamenti a svolgere il proprio compito con precisione e professionalità, spesso teso a portare in salvo vite umane.

 E in mare questo compito è affidato alla Marina Militare e al “suo” corpo della Guardia Costiera E’ il caso dell’esercitazione svolta il mattino del giorno 28 novembre, che ha coinvolto mezzi navali ed aerei della Guardia Costera, dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato, coordinati dalla sala operativa della Capitaneria di Porto di Ravenna ,   dedicata al soccorso di un’unità da diporto incendiatasi al largo della costa ravennate ed alla ricerca, individuazione e successivo trasporto a terra di due diportisti traumatizzati.

Una piccola unità della Guardia Costiera, a circa 10 miglia (circa 18Km) dalla costa ha simulato l’incendio con dei fumogeni e rilasciato in mare 2 manichini che simulavano i naufraghi.

Due vedette della G.C., un’unità dei VV.F. e una della Polizia di stato sono intervenute, coordinate dalla sala operativa, e successivamente è stato coinvolto un elicottero dei VV.F.  per ritrovare i “naufraghi”.

 Al di la dei risultati, in genere sempre soddisfacenti per le “lesson learned” (termine anglosassone per definire cosa si può migliorare) e per l’aumento o il mantenimento del livello addestrativo, non è sempre scontato trovare la piena e totale collaborazione tra il personale delle Istituzioni.

Dovremmo, credo, tutta la nostra riconoscenza a questi ragazzi e ragazze che si preparano ad affrontare pericoli e, talvolta, mettere a rischio la loro vita, per tutelare la nostra incolumità.

GRAZIE RAGAZZI!

La prima volta di Rosetti

Il cantiere Rosetti Superyachts, dopo il recente annuncio della sua nascita, svela i dettagli di uno concept per un 85 metri definito Expedition Superyacht,  disegnato da Tommaso Spadolini definito “un vero expedition superyacht che sono convinto unisca le richieste del mercato e le caratteristiche costruttive del cantiere” da  Fulvio Dodich, Partner e Presidente di Rosetti Superyachts.  Un’unità basata sull’analisi delle molte navi commerciali lanciate da Rosetti fino a oggi,  solide e sicure per operare ininterrottamente in ogni condizione meteorologica e disegnata per essere  realizzabile seguendo i criteri design to market and design to service.

Questo progetto, che risponde ai requisiti tecnici richiesti per la certificazione alla navigazione senza limiti,   è disponibile in due versioni con un ponte di volo per elicottero a centro nave o a poppa,  mentre una barca  a vela può essere posizionata a centro nave senza creare problemi.

Sono previsti 5 ponti, ottimizzando anche i volumi interni della sovrastruttura di prua, dove il ponte inferiore è dedicato all’equipaggio (cucina, zona pranzo, lounge, 12 posti letto, officina, lavanderia, cella frigorifera, dry store, deposito biancheria, deposito dei rifiuti palestra, e dà accesso alla sala motori), il ponte principale conta quattro cabine ospiti doppie con bagno private, il ponte a tutto baglio dedicato all’armatore (una suite open-plan a prua, bagni separati, guardaroba walk-in e zona pranzo a poppa), il ponte superiore prodiero è dedicato all’armatore e prevede una lounge privata, uno studio/ufficio e l’accesso all’area all’aperto con piscina mentre un salone poppiero funge da media room e/o sky lounge. La grande plancia di comando assicura la massima visibilità.

Buon Vento ai cantieri Rosetti, le premesse sono ottime!

IL CIMITERO DELLE NAVI

La Nave. Osservando queste montagne di acciaio si puà anch pensare che siano eterni, inaffondabili. La realtà è molto più prosaica e la vita media di una nave è a cavallo dei 35 anni. Ma a volte capita che la vita venga bruscamente interrotta: può essere l’affondamento durante un conflitto, un incidente, una crisi economica o un porgetto sbagliato. Altre volte possono essere cavilli legali e lunghi tempi di sequestro. Cìè perfino una disegno di legge che tratta il problema delle navi abbandonate nei porti italiani perchè, ferme da tanti anni, non risulta più conveniente rimetterle in servizio.

E’ cosi che è successo alle navi russe nel porto di Ravenna, abbandonate dall’armatore nella pialassa dei piomboni e senza alcuna autorizzazione a smantellarle. Significa che anche si volesse eliminare il rischio ambientale che comunque comportano, anche se sono state bonificate, questo non è possibile perchè l’armatore potrebbe chiedere un rimborso.

Si chiamavano  Orenburgazprom, Vomv Gaz e V. Nikolaiev. e  facevano la spola tra Croazia e Ravenna con carichi di ghiaia e materiali per l’edilizia. Ora sono lamiere che hanno perso la loro anime e attendono che si compia il loro destino.

(Foto Andrea Mazza dall’articolo  http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2016/11-agosto-2016/cimitero-nascosto-navi-viaggio-ravenna-gli-scafi-russi-240789680483.shtml  )

L’allibo

Fino a pochi anni fa era una parola abbastanza conosciuta, a Ravenna, grazie alle isole dacciaio della SAROM e allo scarico di cereali, necessario per la mancanza di fondali adeguati. Si tratta di una operazione di alleggerimento di una nave  (petroliera, carichi sfusi o altro) mediante scarico parziale del carico su battelli più piccoli in rada o in una zona ad esso destinata, denominata appunto zona di allibo. Lo scopo è di ridurre il pescaggio della nave maggiore e consentirne l’attracco al molo, ma è anche un’operazione costosa, che si ripercuote sia sui guadagni che sul costo finale dle prodotto.

L’Autorità di Sistema Portuale ha, ovviamente, determinato le zone e le regole, reperibili a questo link http://www.port.ravenna.it/pagina-porto-2/info-tecniche/bunkeraggio-allibo-e-trasporto-merci/  e la pià impèonente operazione in porto risale al 2012,  nelle banchine del terminal Lloyd Ravenna,  quando il più consistente carico di sfarinati e cereali/rinfuse secche che sia giunto al porto di Ravenna appordava, proveniente dal porto di Koper, con un carico di 52.126 tonnellate. La nave venne sottoposta ad allibo nel terminal del Gruppo Setramar, che è in grado di gestire imbarcazioni con pescaggio di 10,50 metri all’interno del Candiano.

Proprio per questo la SAROM, raffineria di prodotti petroliferi della della famiglia Monti, preferi costruire un’isola di acciaio al largo di Punta Marina e collegare con un oleodotto l’isola allo stabilimento industriale.

isola acciaio

Si fà presto a dire àncora…

Simbolo di fermezza d’animo e “logo” presente sugli stemmi di tutte le marine del mondo, l’àncora è uno strumento impiegato nella nautica per trattenere un galleggiante (dalla boa al transatlantico passando per l’idrovolante) in una determinata posizione, fissandosi stabilmente al fondale dello specchio acqueo.

In antichità di usava un masso legato ad una corda, nel tempo lo strumento si è perfezionato con mille forme differenti. La più famosa è il tipo “ammiragliato” (come quella nella foto di testata, appartenente alla nave scuola della Marina Militare Amerigo Vespucci, Ma possiamo trovare il tipo Hall,  a vomere, a cucchiaio, a grappe e a fungo…

ancore

La stessa ancora è ulteriormente suddivisa in ulteriori pezzi, ognuno col suo nome preciso, dal ceppo alla marra alla cicala…..

ancoratav